Le Mostre del Circolo Fotografico

la Gondola

Positif

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Martedì 13 dicembre 2011 alle h.18 presso la Fondazione Querini Stampalia in Venezia S. Maria Formosa 5252 , negli spazi a piano terra della Fondazione, avrà luogo l'inaugurazione della mostra “Positif” a cura del Circolo Fotografico La Gondola. La mostra proseguirà fino al 15 gennaio 2012 con orario da martedì a sabato h.10-22, domenica h.10-19

Espongono 22 fotografi della Gondola con 29 immagini

Enrico ”Gigi” Bacci, Antonio Baldi, Aldo Brandolisio, Fabrizio Brugnaro, Lorenzo Bullo, Paola Casanova, Carlo Chiapponi, Simonetta Gasparini, Gianfranco Giantin, Matteo Miotto, Aldo Navoni, Giorgio Nicolini, Federica Osto, Stefano Pandiani, Alessandro Rizzardini, Aurelio Rizzo, David Salvadori, Giorgio Semenzato, Massimo Stefanutti, Fabrizio Uliana, Giovanni Vio, Emilio Zangiacomi Pompanin

Nell'immediato secondo dopoguerra, filone prediletto della fotografia fu il Sud d'Italia; la fine del conflitto aveva posto gli italiani di fronte alla realtà del meridione, arretrato oltre ogni immaginazione e profondamente segnato dalle vicende belliche.
La fotografia, per conto dell'informazione, si aggirò in questi territori semisconosciuti ricavando immagini di grande impatto emotivo come quelle di Tino Petrelli o Carlo Bavagnoli.
Fu l'avvisaglia della calata in massa dei fotografi generici, spesso bravissimi, che andavano alla ricerca di situazioni del tutto inedite; Henry Cartier-Bresson, Mario Giacomelli, Gianni Berengo Gardin, Fulvio Roiter, Franco Pinna, Fosco Maraini, Nino Migliori, Piergiorgio Branzi, Mario Cattaneo e tanti altri si impegnarono a sublimare una realtà che in qualche caso avrebbe preteso un'osservazione meno populista e retorica.
I risultati furono in ogni caso d'eccellenza e servirono a consolidare l'idea che solo l'eccezionalità, con la sua inevitabile fotogenia, fosse degna di essere rappresentata.
Si trascurava, per converso, il messaggio che Cesare Zavattini aveva lanciato dalle pagine dei notiziari del Centro per la Cultura Fotografica in cui raccomandava di volgere lo sguardo verso le vicende quotidiane facendo in modo che diventassero una “storia”.
In linea generale lo sguardo del fotografo continuò ad indirizzarsi verso lo shock visivo, puntando sull'emozione provocata dal dolore e dalla sofferenza.
Questa tendenza si accentuò negli anni man mano che l'informazione moltiplicava i canali di trasmissione mettendo il pubblico di fronte all'incalzare dei fatti in modo quasi istantaneo; negli ultimi tempi le grandi rassegne internazionali non hanno mancato di sottolineare tutto ciò.
Nella fotografia contemporanea questo atteggiamento non riguarda più solo gli eventi d'interesse generale ma indaga, talvolta con accanimento, nella sfera individuale e familiare mettendo a nudo rapporti ambigui, mondi enigmatici e allucinati ove tutto è permesso, tutto è possibile.
Anche i reporter di guerra, ormai soppiantati dalla rapidità dei nuovi media, più che raccontare l'evolversi degli avvenimenti si soffermano sul “dopo” dandoci conto con apparente distacco ma in realtà con sospetta insistenza, di mutilazioni, miserie e privazioni.
Che tutto ciò esista non è contestabile ed è giusto che la sensibilità della fotografia avverta la cupezza dei tempi che corrono ma è altrettanto vero che essa, alla pari di tutte le forme espressive, deve saper cogliere il fluire della vita nel suo insieme; per di più, si corre il rischio che questo trend dia una sorta di assuefazione.
Come in televisione, dove immagini di autentico orrore si susseguono con parossistica frequenza, anche in fotografia cominciamo ad abituarci alla sovraesposizione del dolore vanificando in ultima analisi lo scopo per cui le immagini erano state scattate.
Così, riflettendo al Circolo su tutto ciò, è maturata l'idea di andare controcorrente indirizzando lo sguardo verso quegli aspetti della vita che rappresentano i punti di riferimento morali, materiali, spirituali su cui contiamo per superare le difficoltà dell'oggi e guardare al futuro con sufficiente fiducia.
Negli intenti, non si vuole mistificare la realtà traducendola con toni consolatori e rassicuranti quanto porre in evidenza quei risvolti della vita che alleviano il percorso quotidiano e, in diversa misura, ci sostengono nella speranza.
E' stato scelta quale titolo della mostra la parola “Positif” (positivo) detta in francese per ricordare Parigi dov'è nata l'idea ma anche per meglio sottolineare che questo atteggiamento non riguarda solo la nostra fotografia ma è ampiamente diffuso anche negli altri Paesi.
Abbiamo preso in considerazione quegli episodi poco apprezzati della quotidianità, quelli che scandiscono i ritmi della giornata ma anche tutti quegli ambiti – cultura, spettacolo, tempo libero, ecc. – che in qualsiasi misura qualificano positivamente la nostra esistenza senza trascurare la sfera dei sentimenti – amore, amicizia, religione - che ci fortificano e ci sostengono.
Per entrare nel merito, particolare evidenza viene data al mondo dell'infanzia (Stefanutti, Pandiani, Bullo, Rizzo, Brandolisio, Brugnaro, Navoni, Chiapponi, Zangiacomi) e dell'adolescenza (Miotto) visto quale prima e insostituibile fonte di energia e rinnovamento; Semenzato, Vio, Baldi, Giantin volgono lo sguardo verso quegli attimi d'intervallo, quelle pause benefiche che nel corso della giornata spezzano il convulso accavallarsi degli impegni.
C'è poi chi si dedica a evidenziare le feste e gli avvenimenti popolari vero momento di di gioia collettiva (Nicolini) ma anche i gesti di solidarietà (Uliana); non manca la considerazione verso l'universo femminile (Gasparini, Osto, Casanova, Bacci) e quello dello sport (Rizzardini, Salvadori) visto nei suoi aspetti ludici e di aggregazione sociale.
Si tratta naturalmente di brevi brani scelti nell'ampia casistica che (per fortuna..) ancora scandisce il vivere quotidiano, tuttavia è pur sempre una testimonianza cosciente di un modo di osservare la vicenda umana dal lato della positività e dell'ottimismo.
Compito difficile, senza dubbio, ma che ha ampiamente stimolato gli autori a una inedita ricerca e a una riflessione su loro stessi e sul loro rapporto con la vita vista nella sua interezza, comprendendo anche i risvolti più desueti e trascurati. Così speriamo sia anche per coloro che avranno occasione di visitare la mostra.
Manfredo Manfroi

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