la Gondola

Anni '50-'70 Autori

Mario Bonzuan

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“LUCE E ARTE: MARIO BONZUAN”


di Manfredo Manfroi © (Presidente del Circolo Fotografico La Gondola)

Mario Bonzuan ( Venezia 1904 – 1982) fu per oltre quarant’anni maestro di casa presso la Società Casinò di Commercio, un esclusivo club privato che si affacciava sopra gli archi delle Procuratie Vecchie in Piazza San Marco.

Cominciò ad interessarsi di fotografia dal 1924 ma solo nell’immediato dopoguerra iniziò un percorso ragionato e costante grazie anche alla frequentazione di Ferruccio Leiss, suo dichiarato maestro, ma soprattutto dei sodali di Fotorecord che sul finire del 1947 daranno origine alla Gondola.

Anche Bonzuan aderì al nuovo Circolo pur rimanendo in una posizione appartata fuori dal vivace dibattito sulle nuove tendenze che animava il sodalizio alla cui guida si era posto Paolo Monti.

Bonzuan, come d’altro canto Leiss, sentiva maggiore affinità con l’altro grande gruppo fotografico coevo, la Bussola,  dai toni alti e dalle atmosfere quiete e rarefatte ispirati dal fondatore Giuseppe Cavalli alle forme “classiche” e novecentiste.

Nel 1953 collaborò sempre con Ferruccio Leiss alla costituzione della sezione fotografica del “Centro Studi d’Arte Contemporanea” una inedita iniziativa nel panorama artistico veneziano, ma anche nazionale, voluta dal gallerista Carlo Cardazzo, titolare della Galleria del Cavallino, dal pittore Virgilio Guidi e dal critico Berto Morucchio con i quali Bonzuan entrò in rapporti di sincera amicizia.

Il richiamo della Bussola fu inderogabile e nel 1956 Bonzuan ne divenne socio, il solo fotografo italiano assieme a Ferruccio Ferroni ad aver fatto parte dei due più prestigiosi Circoli della moderna fotografia italiana.

Fu intensa, nel frattempo, l’attività espositiva e la partecipazioni ai concorsi grazie ai quali nel 1961 fu insignito dell’onorificenza di A.FIAP (Artiste del la Fédération de l’Art Photographique)

Di lui scrissero non solo critici specializzati (Giuseppe Turroni, Roberto Salbitani) ma insolitamente e con un interesse non superficiale anche gli esperti d’arte fra i quali Marcello Pirro, Paolo Rizzi, Berto Morucchio.

Mario Bonzuan morì a Venezia nel 1982.


La retrospettiva di Mario Bonzuan, composta da 40 fotografie tratte dal fondo di proprietà della famiglia, ripercorre le principali tematiche affrontate dall’autore nel corso della sua vicenda fotografica.

L’influenza di Monti e della Gondola, quella di Cavalli e della Bussola come pure la frequentazione non occasionale con il mondo dell’arte contemporanea e dei suoi maggiori protagonisti nell’effervescente palcoscenico veneziano degli anni ’50, sono esemplarmente riportati nell’opera di Bonzuan.

Allievo di Leiss in tutti i sensi,  aderì solo occasionalmente alla vena lirico/realista della Gondola ma fu più incline, per la sua natura quieta e remissiva, alle proposte operative della Bussola per quanto non si ritrovino nelle sue opere le esasperazioni formali e i compiacimenti stilistici di tanti “bussolanti” , Cavalli “in primis”.

Piuttosto, nell’opera di Bonzuan prevale l’assoluto disinteresse per la realtà oggettiva che egli traduce in forme semplici e lineari cercando talvolta di rispondere con gli strumenti dello specifico fotografico alla ricerca che sul versante della pittura veniva condotta, ad esempio, dagli  amici spazialisti.

E ’questo un altro degli aspetti inediti della fotografa di Bonzuan che lo accosta in un certo senso a Paolo Monti anch’egli, e sicuramente con esiti più completi, intento a dare una risposta sul piano espressivo all’incalzare delle novità  provenienti dalle altre arti figurative.

L’influenza di Leiss si manifesta negli splendidi notturni veneziani, intrisi di nebbia e di mistero, mentre le annotazioni bozzettistiche della Venezia minore, così care a tanta fotografia coeva, sono  felicemente risolte in chiave formale e tonale.

Il ritratto appare un altro punto forte dell’applicazione di Bonzuan; sono decine gli artisti dell’epoca –  fra gli altri Guidi, Gambino, Visonà, Gina Roma, Scarpa Croce – dei quali egli sa cogliere, quasi miracolosamente, gli aspetti psicologici più reconditi e segreti.

La vena che permea tutta l’opera di Bonzuan è intrisa da una sottile malinconia, una condizione dell’anima cui non aveva mai saputo opporsi; questo stato mentale si traduce in un’osservazione distaccata del mondo  e gli consente un giudizio interpretativo ed estetico al di fuori delle mode del tempo.

L’opera di Bonzuan va dunque letta non già come la testimonianza di un’epoca, per altri versi memorabile, ma come risultato espressivo di un sentire complesso, talvolta indecifrabile; allo stesso tempo appare un altissimo esito di quel rinnovamento che nell’immediato dopoguerra gettò le basi della fotografia italiana contemporanea.

Marzo 2007

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